Friday, November 03, 2006

E questi non sono come e peggio degli evasori fiscali, che almeno lavorano?

Una maestra guadagna all'incirca 1.200 euro al mese. Come un operaio metalmeccanico, che però arriva a questa cifra solo con gli straordinari alla catena di montaggio. La differenza tra i due è che la prima, in un anno lavora, all'incirca 1.200 ore, in fabbrica per portare a casa lo stesso stipendio invece ne servono anche 500-600 in più. Dipende dai settori. Nel pubblico impiego le 36 ore alla settimana sono uno standard fisso da anni, nell'industria invece se ne lavorano 2-3 in più. Ecco la prima grande differenza. Le ferie? Almeno queste sono uguali per tutti, 24 giorni. Ma i maligni possono sempre dire: «Tanto quelli anche quando stanno al lavoro non fanno nulla!».

Il solco vero, tra pubblico e privato, comunque è rappresentato dagli orari e, negli ultimi tempi, anche dai differenti trattamenti salariali. La produttività invece rimane un capitolo oscuro: finora nessuno è riuscito (o ha voluto) misurarla. Ma andiamo per ordine. Stando agli orari contrattuali nell'industria si lavorano in media 1.736 ore l'anno, con differenze impercettibili da un settore all'altro. Nell'ambito pubblico, invece, è una vera cuccagna: la media del comparto «Stato» a fine 2000 era infatti pari a 1.361 ore, coi ministeriali ed i dipendenti delle Regioni che ne lavoravano 1.588, la Sanità 1.609, l'università 1.283, mentre la scuola crolla a 1.170.

E gli stipendi? Dall'accordo del 1993 salari pubblici e privati sono rigidamente ancorati al costo della vita, ma molti dati dicono il contrario. Le ultime cifre diffuse dall'Istat, ad esempio, segnalano che ad agosto 2006, a fronte di un'inflazione pari al 2,2%, i salari dei lavoratori italiani sono saliti del 2,9%. Ma mentre industria (+3%), chimica (+3,3%) ed edilizia (+2,8%) sono stati più o meno nella media, la pubblica amministrazione ha messo a segno un +5%, addirittura +5,5% i ministeri, +6% le Regioni e +5,9% la sanità. Solo militari (+,9%) e Forze dell'ordine (+1,2) hanno dovuto tirare la cinghia. Nel 1995 un lavoratore del settore privato costava in media 25.500 euro l’anno (25.460 euro nell’industria e 25.540 nei servizi) e in 10 anni è arrivato a quota 33-34.400, con aumenti rispettivamente nell’ordine del 29,9 e del 34,7%. I dipendenti pubblici sono invece partiti da 26.940 euro ed in 10 anni hanno raggiunto quota 40.620. Con un balzo del 50,78%. Secondo un studio pubblicato sul sito «la voce.info», se a questi dipendenti fossero stati applicati gli aumenti concessi ai colleghi dell'industria e de servizi non sarebbero andati oltre i 34-34.600 euro. E soprattutto in 10 anni lo Stato avrebbe risparmiato tra i 129 ed i 144 miliardi di euro.

Qualcosa come il 9-10% del Prodotto interno lordo, oppure tre manovre-monstre come quella di quest'anno. «Attenzione a non generalizzare troppo - avverte Paolo Nerozzi della segreteria nazionale della Cgil -. I numeri vanno guardati con attenzione, non si può prendere un anno a caso, ma occorre considerare i trienni contrattuali altrimenti è tutto falsato». E tanta disparità coi privati come si spiega? Secondo i sindacati innanzitutto con salari di partenza più bassi. E poi sarà anche vero che i pubblici lavorano meno ore, ma ad esempio il loro Tfr in valore assoluto è pari alla metà di quello privato. Al di là della demagogia, il tiro sui lavoratori pubblici resta un gioco facile. Non a caso negli ultimi tempi ha riscosso un grande successo la campagna «per cacciare i fannulloni» lanciata dalle colonne del «Corriere» da Pietro Ichino, grande esperto di diritto del lavoro. Cgil, Cisl e Uil hanno subito gridato al linciaggio, ma alla fine anche il presidente del Consiglio Romano Prodi ha dovuto ammettere che «non possiamo permetterci di avere degli intoccabili». Il problema, in effetti, esiste: come dice Ichino nella giurisprudenza degli ultimi 10 anni non c'è un solo caso di dipendente pubblico licenziato. Impossibile farlo? No, lo prevede esplicitamente una legge che risale addirittura al 1957, ma certamente è molto complicato. Nemmeno se vieni sorpreso a rubare vieni cacciato, e poi mancano criteri precisi (e anche la volontà politica) per valutare la qualità del lavoro svolto. Nel settore privato la produttività di un lavoratore alla fine si può desumere dal prezzo dei beni o dei servizi che concorre a produrre o a fornire.

Nel settore pubblico lo stesso procedimento non può funzionare, perché beni e servizi non sono destinati alla vendita. Che parametri oggettivi si possono applicare, ad esempio, per valutare la produttività di un professore universitario oppure di un usciere? Altro tormentone ricorrente: i dipendenti pubblici non solo non fanno nulla ma sono troppi. Qui, le statistiche, danno ragione a chi difende i travet: rispetto alla popolazione ed al Pil molti paesi in Europa hanno valori più alti dei nostri. La Francia, ad esempio, su 58 milioni di abitanti ha ben 5,4 milioni di dipendenti pubblici (pari al 9,3% della popolazione) e per loro spende il 14,6% del Pil. Noi ci fermiamo a 3,4 milioni, ovvero il 6% della popolazione con un costo pari all'11% del prodotto interno lordo. Semmai sono distribuiti male: dalla riforma Bassanini ad oggi sono stati infatti appena 22 mila quelli che hanno accettato di cambiare posto di lavoro e a volte anche città. Una goccia in un mare, un mare di sprechi e di inefficienze.

1 comment:

saphek said...

Bak di certo certi argomenti in apparenza possono far presa. Intanto è vero che pure gli evasori fiscali lavorano, in Italia sono tanti, la maggioranza? troppi comunque. Tieni presente che poi però vogliono i servizi, le pensioni e le infrastrutture!!! Come tutti gli altri, se non di più. Ma con che soldi pagarle tutte queste cose, con quelli che spendono loro per comprarsi macchinoni da 60mila euro in sù, che ce li hanno, alla faccia nostra che paghiamo fino all'ultimo cent di tasse? Bene gli insegnanti guadagnano più dei metalmeccanici è vero e hanno pure 2 mesi liberi all'anno. Devo aggiungere però che gli insegnanti educano degli allievi che sono anche i figli dei metalmeccanici, per trasmettergli una cosa che non si può quantificare, o forse si? a livello economico e cioè una cultura che apra gli occhietti alla realtà che viviamo. E in questa realtà che viviamo noi, in un paese in declino economico-demografico e culturale, dove furfanti vari comandano e governano, in un clima da pericoloso fine di secolo...
Saphek

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