Tuesday, May 22, 2007

Il punto di vista del manifesto sull'emergenza rifiuti in Campania

Rifiuti antidemocratici. In Campania il terreno di confronto-scontro democratico passa per il piano di smaltimento. Sicuramente esistono altre piaghe sul territorio, dalla crisi del tessuto industriale alla disoccupazione, dalla camorra all'abusivismo, dal lavoro nero ai problemi abitativi. Ma è ormai conclamata la guerra dei sacchetti, che crea fratture insanabili tra popolazioni e istituzioni, che contrappone non solo i cittadini allo Stato, ma diventa anche Stato contro Stato.
Quattordici anni di commissariamento per gestire un'emergenza sono un paradosso. Lo sanno i governi e i commissari straordinari che si sono succeduti, lo sanno gli enti locali, ma non hanno il coraggio di ammettere colpe e responsabilità. In tutto questo tempo si è sempre cercato di privilegiare gli interessi dei privati rispetto al bene comune. Così non è la discarica di Serre - che si vuole aprire ad ogni costo a ridosso di un'oasi naturale protetta - a essere rappresentativa del rapporto ciclo di smaltimento-tornaconto industriale, ma l'inceneritore di Acerra. L'impianto dovrebbe essere pronto a ottobre 2007 e nel nuovissimo piano da poco approvato dal Consiglio dei ministri farebbe parte dei due termovalorizzatori che dovrebbero risolvere il caso-Campania. Ma non è così.
10 milioni di ecoballe
Ci sono attualmente 10 milioni di ecoballe che il ministero dell'ambiente non considera a norma e che quindi non si possono bruciare. Nei Cdr ancora il materiale non viene stoccato seguendo le procedure atte all'incenerimento. La raccolta differenziata e ferma al 10%. Ancora non sono state individuate le discariche speciali dove «seppellire» le ceneri di risulta della combustione, materiali altamente tossici. Per non parlare di chi sta portando avanti i lavori: la Fibe, attualmente indicata come l'unica responsabile del mancato smaltimento dei rifiuti in regione e indagata per truffa. La società che vede tra gli azionisti l'Impregilo di Cesare Romiti è infatti riuscita a spendere dal '94 ad oggi più di 800 milioni di euro senza venire a capo della crisi. Eppure all'epoca la sua proposta non era la migliore. La società infatti ha vinto le gare d'appalto con impianti talmente vetusti che la magistratura ne pose una parte sotto sequestro, e con un progetto, il termovalorizzatore di Acerra appunto, che gli è valsa 27 adempimenti prescritti dalla commissione ministeriale. Ma non c'è stato niente da fare. Il commissariato ha dovuto anticipare alla società 100 miliardi di vecchie lire per la realizzazione di impianti di Cdr che i magistrati hanno in seguito giudicato inadeguati e posto sotto sequestro. La procura di Napoli ha anche chiesto la confisca all'Impregilo di 43 milioni di euro e dei crediti, per 109 milioni, che la stessa società dovrebbe riscuotere dalla regione e da vari comuni. Infine, secondo la commissione ambiente del Senato la Fibe avrebbe anche stipulato accordi sui terreni di stoccaggi con soggetti malavitosi. Per tutto questo la Campania ha ottenuto la rescissione del contratto, ma dopo due gare d'appalto andate deserte è ancora questa stessa società a gestire il ciclo.
Nel 1999, dopo il piano dell'allora presidente della regione Rastrelli (An), quando la Fibe vince la gara per la costruzione di un termovalorizzatore ottiene carta bianca sull'indicazione del sito. Le istituzioni, dunque, si lavano le mani su un affare delicato e di importanza comunitaria. La società usa un intermediario di Afragola, che compra i terreni dai contadini acerrani a prezzi stracciati e li rivende alla Fibe. E' tutto deciso, senza consultare l'amministrazione locale e senza nemmeno avere la Via (Valutazione di impatto ambientale) si vuole iniziare a «lavorare». I cittadini sono allarmati. Acerra è un territorio già vessato dalle industrie, qui c'è la Montefibre, senza contare le discariche abusive che hanno creato un cortocircuito ambientale. Nei terreni la diossina ha raggiunto livelli d'allarme, nel latte animale le analisi ne riscontrano la presenza: 54 picogrammi per grammo di grasso quando il livello considerato accettabile è 3. Nascono i primi comitati anti-inceneritore. «All'inizio eravamo in pochi», ricorda Giovanni De Laurenti, attualmente segretario cittadino del Prc e che all'epoca aveva 20 anni. «Le posizioni erano diverse - continua - c'era chi semplicemente affermava che l'impianto non doveva essere costruito ad Acerra, chi era contrario a questo tipo di termovalorizzatore, il più grande in Europa, e chi come noi era contro l'idea stessa dell'incenerimento portando avanti una cultura anticapitalista. Lottavamo contro il principio di un sistema che ti fa consumare e poi brucia quello che consumi».
Nasce il comitato contro l'inceneritore, al suo interno convivono diverse anime, i partiti, il movimento, l'area dei disoccupati, ma ben presto tutta la cittadina s'identifica in questa lotta. I primi anni si cerca di contrastare il progetto dati alla mano. Si chiedono verifiche e compatibilità ambientali. L'Asl però concede il via libera, l'Arpa no. Per tutto il 2002 il comitato promuove cortei e iniziative di protesta. Il 27 gennaio 2003 devono iniziare i lavori, si decide di comune accordo con l'amministrazione di centro-destra di forzare la mano. Assieme al sindaco Michele Riemma (Fi) gli acerrani occupano il cantiere. Nell'area viene creato un parco giochi, un orto biologico, sono allevate le pecore simbolo del degrado ambientale. Si diffonde nella cittadina il virus della democrazia partecipata, secondo il principio della riappropriazione del territorio: concerti, iniziative, dibattiti in cui intervengono studiosi di fama internazionale come il professore Paul Connet. Ma i commissari straordinari, da Bassolino prima a Catenacci dopo, non ne vogliono sapere di mollare la presa. Si cerca di dimostrare l'egoismo di un paesino che attua la logica del not in my backyard, non nel mio giardino. Ma nel 2004 un ricercatore del Cnr, Alfredo Mazza, riporta uno studio sulla rivista Lancet che lascia pochi dubbi su quanto accade in provincia di Napoli e Caserta riguardo alla gestione camorristica dei rifiuti illegali. Nel triangolo Acerra, Nola, Marigliano a causa dei materiali tossici presenti nei terreni e nelle falde acquifere si è infatti impennata la mortalità dovuta al cancro e l'aumento di malattie cardio-circolatorie e di diabete. Nel maggio di quello stesso anno Espedito Marletta (Prc) diventa sindaco con più del 75% dei consensi proprio grazie alla linea dura contro l'inceneritore. Il 17 agosto il cantiere in zona Pantano viene sgomberato. Il megainceneritore si farà. Il 29 agosto durante una manifestazione con oltre 30mila persone, davanti al sito della Fibe polizia e carabinieri ricevono l'ordine di reprimere la folla. E' un giorno di guerriglia urbana ad Acerra, il bilancio tra feriti e arresti sarà altissimo. Anche il sindaco Espedito Marletta e il senatore Tommaso Sodano vengono manganellati e portati in ospedale. Da quel momento gli acerrani non mettono più piede nel cantiere.
«Una battaglia di sopravvivenza»
«Ma non ci siamo arresi - spiega Tommaso Esposito, portavoce del comitato - andiamo avanti per altre strade. Qui si sta attuando il congelamento della democrazia. Una comunità ha il diritto di scegliere il proprio futuro. La nostra non è una posizione egoistica, ma una battaglia per la sopravvivenza». Il professore Antonio Marfella, oncologo del Pascale, dà ragione ad Acerra: «Vogliono creare un inceneritore da 2000 tonnellate al giorno, più di Parigi - spiega - è evidente che la zona già rovinata non verrà più bonificata, in un paese dove c'è l'84% in più di malformazioni nei bambini, tra Napoli e provincia 2 milioni di persone su 6 hanno un eccessivo livello di diossina nell'organismo, fatto certificato dalla regione». Ma c'è un'altra soluzione? Raccolta differenziata e riciclo. Ad Aversa c'è la fabbrica Erreplast che ricicla la plastica e i metalli, è all'avanguardia e rischia di chiudere per mancanza di commesse perché si è scelta la strada degli inceneritori, così come le cartiere che potrebbero riciclare la carta. Le popolazioni ormai hanno capito che non esiste altra strada allo smaltimento sicuro, per questo si ribellano al governo e a Bertolaso. «Sapevamo che sarebbe stata una battaglia lunga e difficile - ammette il sindaco di Acerra Espedito Marletta - uno scontro tra poteri dello stato. Stiamo andando avanti per ricorsi, non siamo rassegnati». Fino ad ottobre 2007

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