Ugo Bardi, docente al dipartimento di chimica dell'università di Firenze e presidente dell'Aspo Italia, quali sono gli obiettivi dell'Associazione?
L'Aspo (association for the study of peak oil and gas), che raccoglie scienziati di fama in tutto il mondo, nasce per iniziativa dello scienziato Colin Campbell, e basa i propri studi sulla teoria di Hubbert, geologo Usa, che descrive l'andamento dell'estrazione di una risorsa esauribile. Già nei primi anni ‘90, Campbell disponeva di dati e previsioni che dipingevano un quadro del futuro ben diverso da quello ottimista della crescita economica senza fine. Nel 2003, ho fondato la sezione italiana dell'Aspo, che differisce un po' dall'associazione madre, per la sua enfasi sulle soluzioni, intese soprattutto come energie rinnovabili, piuttosto che sui problemi, che, d'altra parte, non trascura. Lo scopo dell'associazione si esaurirà quando avrà svolto il proprio compito di allertare in tempo il mondo sull'imminente declino del petrolio, la risorsa principale sui cui si basa un'intera civilizzazione.
Da molte parti si lancia l'allarme: il petrolio sta per finire! È vero? Se sì, quando accadrà?
La "fine del petrolio" è lontana come minimo qualche decennio nel futuro. Ci sono più che altro preoccupazioni sulla capacità delle forniture di soddisfare la domanda. L'Iea, l'agenzia internazionale per l'energia, filiazione diretta dell'Ocse, ha espresso queste preoccupazioni proprio pochi giorni fa in un comunicato. Questo è il punto; non è che non ci sia più petrolio, è che non ce n'è abbastanza. L'Iea pone il punto critico al 2012, ma è chiaro che difficoltà ce ne sono già. Aspo ritiene che il picco ci sia già stato o che potrebbe verificarsi tra due-tre anni. Dal momento del picco, la curva comincerà a scendere.
Quanto petrolio resta ancora da estrarre? Non c'è la possibilità, anche grazie alle nuove tecnologie, che in qualche parte del mondo si trovino ricchi giacimenti?
Le stime sono le più diverse. Purtroppo, nella storia spesso ci sono state stime troppo ottimistiche smentite dalla realtà dei fatti. Pochi ricordano come, negli anni Sessanta, l'Usgs, il servizio geologico degli Stati Uniti, aveva sovrastimato di un fattore 3 le riserve continentali degli Usa. Le stime dell'Usgs erano state quasi certamente influenzate da fattori politici. Fattori che, secondo me, anche in tempi più recenti hanno influenzato stime molto ottimistiche. Ci sono ancora nel mondo riserve di petrolio: secondo alcuni, in quantità paragonabile a quella estratta finora; secondo altri qualcosa di più. Il problema è che queste riserve sono più costose da estrarre e spesso si tratta di greggio di cattiva qualità. Questo si riflette sul prezzo di mercato.
È molto probabile che i giacimenti importanti siano stati già trovati. Si continuano a scoprire piccoli giacimenti, ma è ormai dagli anni Ottanta che si consuma petrolio in misura maggiore di quanto se ne scopra di nuovo. Si ipotizza di riserve di petrolio nell'Artico e in Antartide che diventeranno disponibili con lo scioglimento dei ghiacci in conseguenza del riscaldamento globale. Ma se e quando arriveremo a quel punto, saremo troppo impegnati a costruire dighe contro le inondazioni, per preoccuparci del petrolio.
Cosa avverrà dopo il picco?
Il picco è solo un punto di una transizione graduale, il petrolio sarà sempre più costoso e dovremo imparare a farne a meno. È anche vero, come è già avvenuto nella storia, che picchi locali del petrolio sono stati accompagnati da sconvolgimenti politici e guerre. Qualcosa di simile potrebbe avvenire a livello globale. Anzi, per molti versi, già avviene..
Quali sono le possibili alternative?
Lo sviluppo di nuove tecnologie legate all'energia solare, come le celle fotovoltaiche, il cui sviluppo è stato rapidissimo negli ultimi anni. Oggi abbiamo sorgenti potenzialmente in grado di produrre altrettanta energia, anzi molta di più, di quanta ne produca il petrolio.
Tuttavia, non esiste ancora una fonte energica che sia altrettanto compatta, versatile, e a buon mercato come è stato il petrolio fino a tempi recenti. Però, dovremo scendere a compromessi, soprattutto nel campo dei trasporti, che saranno ancora più costosi di oggi. Saremo obbligati a risparmiare, anche perché i paesi emergenti reclameranno la loro parte.
Sono previsti picchi per altre fonti energetiche (gas, carbone, uranio,..)?
Tutti i minerali sono soggetti a picchi di produzione. Va detto tuttavia che alcune risorse, come il gas e il carbone, si trasportano male e quindi non hanno un mercato veramente globale come il petrolio. Per questo, hanno picchi locali, piuttosto che un unico picco globale come il petrolio. Il prossimo picco importante dovrebbe essere quello del gas negli Stati Uniti. Molto difficilmente gli Usa potranno far fronte al calo della produzione interna con l'importazione di gas liquefatto, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate. L'uranio è un caso a se. Al momento la produzione è soltanto circa la metà della domanda per i reattori esistenti, ma si riesce a soddisfarla smantellando vecchie testate nucleari. Probabilmente, il picco dell'uranio c'è già stato molti anni fa, ma viene mascherato dalle riserve accumulate sotto forma di testate. Questo, ovviamente, non può durare a lungo; a breve si presenterà un problema di scarsità di uranio sul mercato, già indicato dall'aumento vertiginoso dei prezzi degli ultimi anni. In teoria, la produzione di uranio potrebbe essere aumentata, ma questo richiederà enormi investimenti che per ora non si concretizzano in misura sufficiente. Nonostante ciò, non c'è dubbio che vedremo un ritorno dell'energia nucleare.
Friday, July 13, 2007
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