“A Salem abbiamo provato fin
quasi alla fine degli anni Ottanta a mantenere
il controllo sul consumo di droghe, alcool
e sigarette, attraverso lunghe discussioni
con i ragazzi. Abbiamo fallito. Così, quando
sono stati messi a punto procedimenti
chimici che permettevano di risalire a un
eventuale consumo di droga, in particolare
hashish, ci siamo decisi a introdurre l’esame
dell’urina. Da allora tutte le mattine uno studente,
estratto a sorte, deve sottoporsi al test.
Se l’analisi risulta positiva, il ragazzo viene
espulso seduta stante. Già all’atto dell’iscrizione
genitori e ragazzi devono firmare
un documento nel quale si dichiarano d’accordo
con questa procedura”. Salem non è
un collegio per ragazzi difficili. Salem è uno
degli istituti più rinomati ed esclusivi della
Germania, dove, per intenderci, si mandano
a studiare i rampolli delle famiglie bene,
quelle in teoria più propense a una scuola
di tipo steineriano che favorisce lo sviluppo
libero e incondizionato e soprattutto un’educazione
priva di imposizioni. Invece, pare
prevalere l’atteggiamento opposto.
Il libro dal quale è tratta la citazione si intitola
“Lob der Disziplin - Eine Streitschrift”
(Lode alla disciplina - Un saggio provocatorio”,
ed. List) e svetta da diverse settimane
al terzo posto dei bestseller dello Spiegel.
L’autore è Bernhard Bueb, un signore attempato
che dal 1974 al 2005 ha diretto Salem.
Forse non c’era nemmeno bisogno di
aggiungere la parola “Streitschrift”. Sin dalla
prima pagina, dove si legge “dell’educazione
sono andate perse da tempo le fondamenta:
il riconoscimento incondizionato dell’autorità
e della disciplina”, il libro prometteva
un dibattito al calor bianco. E visti
i fiumi di parole pro e contro scritti in proposito,
lo stesso Economist l’ha citato in un
pezzo sulla rinascita di un “sentimento neoconservatore”
in Germania.
“Guidare o lasciar crescere, questi sono i
due poli antitetici dell’educazione – ragiona
l’autore – Dopo l’esperienza di un’educazione
autoritaria sfociata in una dittatura, abbiamo
voluto diventare una nazione di giardinieri.
Lasciamo crescere liberamente i nostri
figli e solo di tanto in tanto interveniamo
con estrema cautela. Ma questo metodo rischia
di non educare affatto. L’esempio giusto
è invece quello del vasaio che modella e
dà forme precise”. All’origine di questa
mancanza di coraggio a educare, questo il titolo
di uno dei capitoli, la generazione del
Sessantotto che ha gettato alle ortiche lo
Struwwelpeter (Pierino Porcospino) e regalato
ai figli “Pippi Calzelunghe”. Sbagliato,
sbagliatissimo, sentenzia ora Bueb. “E’ vero
la disciplina rappresenta tutto quello che le
persone detestano: costrizione, subordinazione,
rinuncia. La disciplina è il figlio sgradito
della pedagogia, ma alla base di ogni
educazione”. Perché solo attraverso la disciplina,
di questo Bueb è convinto, si raggiunge
una vera libertà interiore. I genitori,
gli insegnanti hanno potere e lo devono
esercitare, affiancandolo, ben inteso, all’amore
perché il potere si trasformi in autorità
legittima. Quello a cui si assiste oggi è
invece un paradosso: “Abbiamo democratizzato
la vita dei bambini e dei ragazzi più di
quella degli adulti, i quali al lavoro sono tenuti
a sottomettersi al superiore”. Secondo
Bueb non c’è bisogno di un patentino che attesti
l’idoneità a fare i genitori o eserciti di
supertate professioniste, ma semplicemente
di ridare peso alle virtù secondarie: ubbidienza,
puntualità, ordine “di per sé non sono
valori, ma aiutano a raggiungere le vere
virtù, e cioè giustizia, libertà e onestà”. Ai tedeschi,
stando alle copie vendute, la ricetta
pare piacere.
Thursday, November 23, 2006
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